Fino a ottobre, presso la Cineteca di Bologna, è aperta una splendida mostra fotografica di immagini riprese durante la lavorazione del film "Il fiore delle mille e una notte" di Pier Paolo Pasolini, assieme a un libro in lingua tedesca intitolato "Reisen in 1001 Nacth", in italiano "Viaggio nelle 1001 notte", prodotto lo scorso marzo dall'editore Corso di Hamburg e contenente una breve selezione delle stesse. Il tutto nasce da un’iniziativa di Roberto Villa, fotografo milanese di lungo corso, esperto di cinema e processi linguistici applicati alla fotografia, che dedica un omaggio personale al regista, cineasta e scrittore bolognese Pier Paolo Pasolini. La mostra, a ingresso libero, è aperta ai visitatori dallo scorso 26 maggio 2011.
Curata dal Dr. Roberto Chiesi, è una delle prime tappe in cui saranno esposte le 250 fotografie selezionate dal Fondo Roberto Villa (tutte sono state riprese con una fotocamera Nikon F2), stampate in formato 70x50 cm e 30x40 cm. Alla chiusura, prevista per la fine di ottobre, la stessa sarà replicata in altri paesi europei tra cui Svizzera, Spagna e Francia. Oltre alle stampe, a Bologna si possono vedere un paio di proiettori che riproducono le fotografie restanti del lavoro, per un totale di oltre 2000 istantanee. Già anticipata nel mese di novembre 2010 da tre giorni dedicati a "Lo scandalo del corpo", presso la stessa Cineteca di Bologna, è il risultato di un lavoro di selezione durato più di quattro anni. Il libro, di cui si attende ancora l'edizione italiana, è già disponibile on-line presso diversi canali di e-commerce.
La visita in Cineteca potrebbero incuriosire sia giovani che adulti, capaci di apprezzare significati e messaggi che da sempre uno scatto fotografico può proporre, grazie alle tecniche del passato, ma sempre per la sensibilità che lasciano l’impronta in ogni immagine. E di sensibilità Roberto Villa deve sempre averne avuta tanta, oltre alla grinta per aver affrontato la sfida di seguire sul set ill film "Il fiore delle mille e una notte", un viaggio intrapreso diversi anni fa, nel lontano 1973, tra Yemen del Sud e Yemen del Nord, a quei tempi divisi e in conflitto, seguendo la troupe anche in Eritrea ed Etiopia per cento giorni. Villa, in quei tre mesi e passa, riuscì anche a scattare una delle pochissime fotografie che ritraggono il cineasta bolognese sorridere: «non era un persona cupa» racconta Villa, «ma quando lavorava si concentrava a tal punto da risultare sempre serio».
Roberto Villa, fotografo e studioso di comunicazione, ha donato nel 2008 alla Cineteca di Bologna il suo archivio comprendente fotografie, pubblicazioni e prezioso materiale tecnico audio, video e fotografico che ha utilizzato durante la sua attività, tuttora in corso benché abbia quasi 74 anni portati con fierezza e agilità di corpo e mente. E ci ha rilasciato questa intervista in esclusiva.
Come mai hai deciso di donare tutto il tuo materiale?
Ho scoperto che a Bologna esiste un Istituto di studi su Pier Paolo Pasolini e ho pensato che a loro sarebbe potuto servire. Ho identificato cose importanti, tra i miei lavori su di lui, migliaia e migliaia di lavori fatti tra Eritrea, Etiopia, Yemen e Iran, dove siamo rimasti fermi e ho pensato di avere una documentazione che stimavo importante. Poiché lì c’è chi si occupa di cinema e letteratura di Pasolini, potevano usare i miei lavori come un documento. Ecco perché abbiamo, io e mia moglie Rosalba, contattato la Cineteca di Bologna, che ha una divisione di studi pasoliniani alla quale fa riferimento tutta l'attività tutta l'attività pasoliniana italiana ed europea, oltre a conservare il lascito di Laura Betti personale costituito da libri e altro, tutto quello che avevamo a disposizione.
E’ stato facile?
Si sono dimostrati molto interessati appena ricevuto la mia mail e a quel punto gli ho regalato credo 800 libri, 2000 riviste di cinema e 2000 videocassette d'archivio con documentazione, come film registrati dal '78 al '90. Poi è intervenuto il digitale. Ho regalato loro una telecamera, un videoregistratore costosissimo e in perfetto stato... Non ci credevano che avesse 30 anni perché non c'era un briciolo di polvere, sembrava nuovo! Ma essendo oggetti pesanti e ingombranti non potevano più stare in uno studio come il mio; invece a loro interessava perché fanno restauro e hanno fame di materiale simili. Ogni anno per otto giorni, con programmazioni dal 25 iugno al 3 luglio circa in città a Bologna, con proiezione gratuita nelle maggiori piazze, vengono mostrati vecchi film restaurati. E’ una manifestazione che si chiama 'Il Cinema Ritrovato' e senza le macchine che si usavano in passato, non si potrebbero restaurare i vecchi film né poi digitalizzarli! Questo è il 25° anno in cui si propone tale manifestazione. Esiste un volume che racconta dei film restaurati.
E poi?
Il critico Roberto Chiesi mi ha contattato personalmente e invitato ad andare di persona nella sede, dove ho conosciuto il direttore, Gianluca Farinelli e il presidente, Giuseppe Bertolucci, fratello di Bernardo. E ho scoperto che hanno applaudito fin dal primo momento la qualità di questo mio lavoro e mi sembrava esagerato, un entusiasmo smisurato. Quando fai una cosa tu, sai che la fai e non è che salti per aria dicento 'oh come sono bravo' e non avevo mai valutato che un fotografo di scena lavora diversamente, seguendo passo passo il regista. Io invece avevo potuto muovermi liberamente e quindi non solo ho documentato quello che faceva Pasolini e le scene del film, riviste da un punto di vista non cinematografiche, ma ho pure realizzato una serie di analisi di tipo etnografo, osservando il contesto socio-economico e rappresentandolo attraverso la gente, i paesaggi, il loro modo di vivere, le facce, le persone. Oggi Sanà è irriconoscibile, come Ishfahan, la grande moschea che somiglia oggi a un centro commerciale americano, perché lo spiazzo di questa grande moschea è circondato da aiuole con negozietti tutto attorno, come fosse un suk elegante.
Ricordi ancora quei mesi con Pasolini?
Il mio contatto con lui, durato tre mesi, è indimenticabile. Io stavo solo dietro al set ma, come mi è stato riconosciuto, avevo un occhio attento a tanti dettagli: il fatto che si stesse preparando la guerra del Kippur, proprio nella primavera-estate 1973, con temperature sui 56 ° all'ombra, aria secca... mi pareva di stare in un forno. Ricordo una sera, c’era un Claudio Villa yemenita, scordo il nome, che cantava dal vivo e che ho fotografato nella casa di un ex emiro, ovviamente occupata; luna forte di notte, paesaggio da Lawrence d'Arabia, un quadretto da 'notte araba' e poi tutti, accovacciati, si parlava di politica. Tutti erano curiosi sullo sviluppo della loro società verso il marxismo. Erano stati rapinati dagli inglesi, sto parlando dello Yemen, le strade erano state fatte dai cinesi, i camioncini erano Isuso, cioè giapponesi, c'erano questi gialli piazzati bene, mentre gli ospedali erano fatti dai sovietici. Infatti in un documentario Pasolini parla e spiega queste cose qua. Parlando di politica, loro si ponevano la domanda su come arrivare a creare uno Stato non laico ma religioso, per quanto fosse socialista. Io ho loro ricordato che Nasser aveva creato un governo islamista e socialista, dopo il suo colpo di stato.
Ehi, non ti sarai cacciato in un pasticcio?
Sono stato avvertito di badare molto bene a come parlare perché ero lì per conto di una rivista americana e non dovevo immischiarmi in questioni politiche con la gente del posto, poiché avrei rischiato l'espulsione. Ma in quei dialighi fra fondamentalismo islasimo e altro, come alcuni avevano capito, io non avevo fatto danni ma parlato lealmente e non fui cacciato ma apprezzato.
Quando e come hai incontrato Pasolini?
Pasolini lo avevo incontrato durante una tavola rotonda a Milano, alla quale avevo partecipato. Il tema era 'Il cinema in tv' e allora c'era il problema del taglio dei film per la pubblicità e ci si chiedeva come sarebbe andata a finire. Io ero molto interessato ai problemi linguistici del cinema e speravo che ci fossero contenuti di questo genere ma non ho avuto a che fare con quello. Alla fine ho parlato con Pasolini per dirgli che mi sarebbe piaciuto parlare di linguaggio cinematografico, di approccio linguistico, almeno con lui. Senza pensarci su troppo mi ha detto che stava per partire per un film e mi ha invitato a seguirlo. Così avremmo potuto parlare con calma. Mi sono trovato dei lavori commissionati per andare al suo seguito e sono partito al volo.
Spiegami meglio questa maniera di considerare il linguaggio cinematografico, puoi?
Proprio dieci o dodici anni prima di allora, erano emersi personaggi come Roland Barthes, Christian Metz e Umberto Eco che avevano dato un taglio molto diverso alla lettura del film, più vicino alla letteratura, come nel caso dell'Ulisse di James Joyce, dove il racconto non esiste perché parla di un uomo che gira per una città senza fare nulla. Ma la modalità del racconto è innovativa. Se percepisci e ascolti la lettura dell'Ulisse in inglese, hai la sensazione di ascoltare il Kyrieleison, un recitativo, un salmo cattolico. Invece è Joyce. Perché le forme di poesia e prosa di tutti gli stili si possono distinguere, come la capacità di Hemingway di scrivere era usare verbi e avverbi, di Bocca l'uso dei soggetti piuttosto che dei complemento oggetto. Ognuno ha il suo stile e l'esperto di letteratura è interessato alla struttura del linguaggio. Infatti negli anni '60 nasce lo strutturalismo, che ti permette di sederti al cinema, vedere un film e quindi la lettura della pellicola poteva essere varia. Insomma, tu puoi occuparti della scelta dell'ottica della cinepresa, dei colori dei filtri, dell'uso delle luci, ovvero la calibrazione di tutto quello che è in scena è pensato ma si può comprendere un film su diversi piani di lettura, senza quasi più seguire il racconto.
Ma come è andata col regista?
Pasolini mi da il suo indirizzo di Roma, via Eufrate e mi dice: "Io parto per una realizzazione cinematografica, 'Le mille e una notte'. Nei prossimi mesi sarò in vari paesi. Se vuoi annuncio la tua presenza alla produzione, vieni sul set, vedi come lavoro e parleremo degli argomenti che ti interessano”. Ha così dimostrato, avendo capito che c'erano basi comuni di interesse, di avere una grande apertura. Io mi sono messo in contatto con diverse riviste e ho offerto servizi che mi sono stati accettati. Sono andato, rimasto a lungo e al mio ritorno il reportage è stato pubblicato da Playboy, che ha pubblicato anche un servizio scritto da Pasolini, come anche altri lo hanno fatto. Mi è rimasto tutto in archivio durante questi anni e infine ho pensato che materiale così importante per la memoria dovesse essere mostrato, che dovesse riemergere.
Hai progetti futuri?
Un mio possibile lavoro futuro potrebbe essere una mostra sullo spettacolo teatrale di Rocky Horror Show, lo spettacolo teatrale che ho documentato con foto storiche oppure quelle di Pilato sempre con Giorgio Albertazzi, coregista e protagonista, di cui possiedo tantissimo materiale col quale sicuramente si potrebbero fare altre mostre importanti al museo di Bologna. In fondo ho regalato loro pure le apparecchiature originali perfettamente funzionanti, come nuove... Purtroppo anche loro hanno subito tagli, basti pensare che pochi anni fa erano in dieci e ora sono in tre. Per giunta uno non può neppure collaborare con loro gratuitamente perché l'assicurazione è obbligatoria e manco quella possono permettersi. Hanno lavorato per 4 anni prima di riuscire a concludere il progetto di questa mostra, che non a caso si è voluta fare da maggio a ottobre, proprio per il tanto lavoro che ci hanno messo. Hanno voluto che coincidesse con il Cinema Ritrovato, la rassegna annuale di film restaurati, durante la quale arriva gente da tutto il mondo e volevano mostrare tutto questo materiale acquisito. ecco perché hanno istituito un Fondo Roberto Villa, cioé a mio nome, dove ci sono tutte le immagini come queste e tante altre, in tutto 30 mila immagini. Ma potrei donarne altre migliaia, volendo, circa altre 30 mila.